Approfondimenti

 

News 2019

L'OBBLIGO DI PAGAMENTO DELLE QUOTE CONDOMINIALI SUSSISTE ANCHE IN ASSENZA DEL PIANO DI RIPARTO

DICEMBRE 6, 2017 REDAZIONE

Secondo la Corte di Cassazione, II sezione civile, sentenza n. 10621, pubblicata in data 28 aprile 2017, l'obbligo del condomino di versare i contributi relativi alle parti comuni dell'edificio deriva dalla gestione stessa dell'immobile e, quindi, e' precedente all'approvazione da parte dell'assemblea del piano di riparto, che non costituisce affatto la fonte dell'obbligazione pecuniaria, limitandosi a dichiarare il relativo credito del condominio. Cio' posto, il verbale di assemblea condominiale con il quale si indicano le spese occorrenti per la conservazione o il godimento delle parti comuni, al pari della delibera di approvazione del preventivo di spese straordinarie, costituiscono prova scritta idonea a fondare l'ingiunzione di pagamento, anche in assenza dello stato di ripartizione approvato dall'assemblea. La Corte di Cassazione evidenzia che "per il disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., l'amministratore del condominio ha la legittimazione ad agire in giudizio nei confronti del condomino moroso per la riscossione dei contributi, senza necessita' di autorizzazione da parte dell'assemblea, mentre l'esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall'assemblea rileva soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all'onere probatorio a suo carico (Cass. 2452/1994; 14665/1999)". Il piano di riparto risulta necessario esclusivamente ai fini dell'ottenimento della clausola di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, ex art. 63 disp. att. Cc.

 

 

SERVIZIO IDRICO AI MOROSI: E' POSSIBILE LA SOSPENSIONE

Il nuovo art. 63 disp. att. c.c. permette all'amministratore di condominio, in via di autotutela e senza necessita' di ricorrere previamente al giudice, di sospendere dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato il condomino moroso nel pagamento dei contributi condominiali per piu' di un semestre

Questo potere e' da intendersi come un potere-dovere dell'amministratore: il relativo esercizio e' legittimo ove la sospensione sia effettuata intervenendo esclusivamente sulle parti comuni dell'impianto, senza incidere sulle parti di proprieta' esclusiva del condomino moroso.

Secondo il Tribunale di Modena, sentenza 5 giugno 2015, non merita accoglimento il ricorso d'urgenza presentato dal condomino per ottenere l'immediato ripristino dell'erogazione della fornitura d'acqua: il ricorso ex art. 700 c.p.c. deve essere rigettato, in quanto da ritenersi inammissibile

Il giudice sottolinea che il potere del condominio di sospensione della rete idrica rientra appieno nel potere-dovere riconosciuto dalla legge all'amministratore a seguito delle modifiche legislative intervenute: laddove si protragga la morosita' del condomino per almeno sei mesi, l'amministratore procede autonomamente, senza alcuna autorizzazione giudiziale, alla sospensione della fruizione dei servizi comuni di cui e' concesso il separato godimento.

Nel caso di specie, il ricorrente sarebbe anche stato privo di legittimazione attiva, in quanto occupava l'immobile senza titolo: a seguito di atto di pignoramento, l'uomo ne avrebbe perso il possesso anche per quanto riguarda le relative pertinenze e servizi. Il condomino cosi' esecutato e' un semplice custode dell'immobile del quale ha mantenuto la detenzione, immobile di cui e' stata anche disposta la vendita forzata, con delega a professionista incaricato, a seguito della quale il debitore ha perso anche la detenzione dell'immobile di sua proprieta' che spetta al custode nominato dal GdE.

Il Tribunale di Bologna con l'ordinanza del 3 aprile 2018, ha aderito all'orientamento giurisprudenziale che non ritiene "intangibili" i servizi di acqua e gas a fronte di una perdurante morosita' del condomino: non si considera accettabile il generico riferimento all'articolo art. 32 della Costituzione ("La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ") operato da chi propende per l'opposta tesi, dato che nel nostro ordinamento non sussisterebbe un obbligo per i condomini in regola con i pagamenti di assumersi personalmente, a fini solidaristici, l'obbligazione dei condomini morosi. Cio' in quanto, alla luce del diritto alla salute, verrebbero sacrificati i diritti dei condomini in regola con i pagamenti che, di fatto, resterebbero gravati di un obbligo di "solidarieta' coattiva"

La vicenda del Tribunale di Bologna ha inizio con ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. sulla cui base veniva domandata al giudice l'autorizzazione alla sospensione dei servizi di riscaldamento, di acqua calda e fredda e al distacco dell'antenna televisiva centralizzata, in danno di un condomino in ragione della sua conclamata e ingente morosita'. Dopo un primo rigetto del ricorso d'urgenza, il Tribunale di Bologna ha ritenuto che si fosse in presenza dei requisiti previsti dall'articolo 63 disp. Att. c.c. la conclamata morosita' del condomino per piu' di un semestre e l'esistenza di servizi in condominio suscettibili di godimento separato.

Si ricorda che, con specifico riferimento alla fornitura idrica, il Dpcm del 29 agosto 2016 e' normativa posta a tutela degli utenti morosi, ai quali, una volta dimostrato lo "stato di disagio economico-sociale", deve essere comunque garantito un quantitativo minimo di erogazione del "bene acqua".

Il Tribunale di Bologna del 3 aprile 2018 riteneva che mancava la prova dello stato di bisogno in cui si sarebbe trovato il condomino, mentre per cio' che concerne il servizio di antenna centralizzato non ci sono dubbi sul fatto che lo stesso non rappresenti un servizio essenziale. Conseguentemente, in accoglimento del reclamo, il Tribunale ha autorizzato il condominio a sospendere i servizi di riscaldamento e acqua, nonche' al distacco dell'antenna televisiva centralizzata in danno del proprietario dell'appartamento in condominio

 

 

INFILTRAZIONI, LA COLPA E' SEMPRE DEL GIARDINO

Il condominio, proprietario del giardino, risponde delle infiltrazioni subite dal seminterrato del vicino anche se il muro di confine non e' stato sufficientemente impermeabilizzato. Irrilevante il comportamento del danneggiato sia in ordine alle modalita' costruttive che per la mancata manutenzione. A stabilirlo e' la Corte di Cassazione con la sentenza del 27 luglio 2018, n. 15730 .

La vicenda nasce dalle lamentele di un confinante che subisce delle infiltrazioni provenienti dal giardino del condominio vicino. Le parti si rimpallano la responsabilita'. Secondo il danneggiato, le infiltrazioni sarebbero addebitabili esclusivamente al condominio proprietario del giardino aderente al muro. Il condominio rifiuta ogni addebito in quanto la responsabilita' sarebbe dello stesso danneggiato per un duplice motivo: non solo, nel realizzare il muro, non avrebbe provveduto ad una sufficiente impermeabilizzazione dello stesso, ma avrebbe omesso le necessarie opere di manutenzione. Non trovando una soluzione bonaria, la questione finisce nelle aule di giustizia.

Secondo il consulente tecnico d'ufficio (Ctu) l'umidita' deriverebbe dal giardino realizzato dal condominio, dotato, tra l'altro, di un impianto di irrigazione. Le infiltrazioni sarebbero imputabili alla mancata impermeabilizzazione delle pareti controterra ed al decorso del tempo che avrebbe determinato il progressivo cedimento dell'intonaco e l'imbibimento delle murature.

Stabilita la causa del danno, sorge un dilemma: di chi e' la responsabilita'? Del proprietario del muro che ha mancato nel realizzare l'impermeabilizzazione delle pareti controterra e nell'effettuare le necessarie opere di manutenzione o del condominio proprietario del giardino?

I giudici di merito (confermato dalla Cassazione), richiamando l'articolo 2051 del Codice civile, che disciplina la responsabilita' delle cose in custodia, sanciscono la responsabilita' del possessore del giardino (quindi del condominio) individuato come fonte delle infiltrazioni. Poiche' la responsabilita' per i danni da cose in custodia ha carattere oggettivo, al danneggiato basta dimostrare il danno subito e il rapporto di causalita' con il bene in custodia mentre il proprietario della cosa puo' evitare la responsabilita' solo dimostrando il caso fortuito. Ma dato che il Ctu aveva gia' dimostrato l'esistenza del danno e la causa (le infiltrazioni provenienti dal giardino condominiale), il condominio non ha avuto scampo in quanto proprietario del terreno.

E, trattandosi di responsabilita' oggettiva, anche la circostanza che il condominio fosse all'oscuro delle modalita' costruttive del muro confinante, diventa un fatto irrilevante.

Secondo la Corte d'appello poi (e la Cassazione conferma) il condominio, nel momento in cui ha piantumato in prossimita' del muro preesistente, avrebbe dovuto farsi carico della sua impermeabilizzazione.